L’effetto Madeleine: il cibo da ricordare, che ci ricorda di essere felici

L’effetto Madeleine è un termine coniato in onore del famoso romanzo “Alla ricerca del tempo perduto” (À la recherche du temps perdu) dello scrittore francese Marcel Proust.

Nella sua opera, Proust descrive un’esperienza in cui il protagonista mangia una Madeleine (un tipo di biscotto) inzuppata nel tè e viene improvvisamente travolto da una serie di ricordi d’infanzia intensi e vividi.

Un viaggio nella memoria, assaporando un tè con Marcel alla ricerca del comfort food.

In un attimo, ogni volta che mangio un pezzetto di torta di mele torno bambina; il profumo di questo sugo sa sempre portarmi in Liguria per le lunghe vacanze estive con i Nonni; il colore del ghiacciolo all’amarena è sempre lo stesso di quella gonna di mamma che adoravo indossare per sentirmi grande.

Quante volte un goloso déjà vu ci ha riportato ad un esatto momento della nostra vita? Quando quel profumo, quel sapore, ci ha ricondotto esattamente lì dove da tempo non si vedevano i ricordi.

Il cibo è sfumatura di ricordo, amore, affetto, amicizia, tristezza, delusione, arresa e rivincita; ha questo potere di custodire memoria e di farci viaggiare nel tempo con un sol boccone.

Ma sappiamo davvero il perché?

La memoria olfattiva e Marcel Proust: effetto Madeleine.

Si tratta della cosiddetta memoria olfattiva, definita dallo scrittore Marcel Proust che, per primo, descrisse questo intreccio di ricordi e sapori.

Spesso, infatti, gli odori sono capaci di riportare alla memoria situazioni che ci hanno coinvolti in prima persona, riattivando le emozioni vissute in un determinato momento della nostra vita.

Cookies of Madeleine with sugar powder close-up on the table.
Madeleine – crediti foto 123RF

“Basta un lieve e soffice profumo, il naso inventa una via d’ingresso nella memoria”.

Marcel Proust

Nell’idea di Proust, la realtà si forma soltanto nella memoria, l’unico strumento in grado di cogliere le trasformazioni che il tempo crea alle cose e alle persone; conservare la memoria, secondo Proust, significa conservare l’identità.

L’olfatto rappresenta il senso che più incide sul nostro inconscio, per la sua vicinanza anatomica alle strutture responsabili delle nostre emozioni e alla memoria, dove gli odori verrebbero archiviati insieme alle sensazioni vissute in una particolare situazione.

L’effetto Madeline.

Marcel Proust spiegò il concetto di cibo e ricordo con una chiarezza straordinaria, battezzando il famoso “Effetto Madeleine”, quella sensazione di ricordo che, in ogni momento della vita, può arrivare nell’incontro con un oggetto, un gesto, un colore, un sapore o un profumo.

Ma perché una cosa, apparentemente fuggevole, come un odore è in grado di scatenare reazioni così potenti e inconsce?

Nel 2004, due ricercatori hanno vinto il Premio Nobel proprio per aver scoperto il collegamento tra i recettori olfattivi e il sistema delle emozioni e questo fenomeno è stato battezzato “Effetto Madeleine” in omaggio alla magistrale descrizione di Proust.

Linda B. Buck e Richard Axel realizzarono un immenso lavoro di ricerca sui recettori olfattivi isolando quei geni grazie ai quali quando sentiamo un profumo, possiamo riconoscerlo anche a distanza di molto tempo.

Studia ciò che ti ossessiona, perché è da lì che arrivano le più grandi scoperte.

[Linda B. Buck]

L’olfatto e le emozioni.

Linda ed Alex scoprirono che ogni cellula della cavità nasale è associata a uno specifico recettore, specializzato nel riconoscimento di odori ben distinti.

Quando le molecole, che arrivano per via aerea dall’esterno, si combinano con i recettori nasali, le cellule inviano una serie di segnali elettrici al bulbo olfattivo nel cervello, che rielabora poi tutte le informazioni ricevute e produce la percezione di un odore ben definito.

In pratica, lavorando insieme, i recettori creano un codice combinatorio, formando un modello odorizzante. Questo codice è alla base della nostra capacità di riconoscere più di 10.000 odori diversi, proprio come possiamo scrivere migliaia di parole con solo 26 lettere dell’alfabeto.

Ecco perchè quella torta di mele mi riporta felice sempre nello stesso posto: la felicità effetto Madeleine!

Il mio primo compleanno con la torta di mele - crediti foto Silvia Rivetti
Il mio primo compleanno con la torta di mele – crediti foto Silvia Rivetti

La nostra infanzia, i viaggi, le esperienze, gli incontri creano il nostro bagaglio gastronomico di profumi e sapori, il cibo è legato indissolubilmente alla nostra felicità, la nostra felicità alimentare.

Ricordi e felicità alimentare: il comfort food o food eletto (come adoro chiamarlo!)

Dopo un viaggio nei ricordi, al ritorno ci ritroveremo ad affrontare quella malinconica tristezza tipica di un rientro dalle vacanze. Cosa fare per nutrire il sorriso?

Un aperitivo, una cena o un dopo cena con quel cibo che sa farci sorridere: Il comfort food.

Riduttivo chiamarlo solo cibo, il comfort food è molto altro.

Genuino e appagante, dolce o salato, si differenzia in ognuno di noi sulla conoscenza che ci appartiene e sull’associazione a ricordi emotivamente belli.

Rappresentano quei sapori capaci di ristorarci e farci sentire a casa.

Ma come riesce un sapore a renderci felici?

Come abbiamo anticipato nelle scorse, a Marcel Proust bastò intingere una Madeleine in un te al tiglio per far riemergere sereni pezzetti d’infanzia per capirne poi il perchè.

Ognuno di noi ha il suo food eletto, una coperta di Linus capace di scaldarci ogni volta che sentiamo freddo, una certezza quando le risposte non arrivano, un riferimento quando abbiamo sbagliato strada, un intreccio di sapori, profumi ed emozioni.

Ma che cos’è il comfort food?

Ingredienti o piatti che appagano e pervadono di piacere i sensi di chi li consuma in quel preciso momento, rilassano, rasserenano, soddisfano un bisogno emotivo regalando un totale benessere al corpo. Dall’inglese “comfort”, confortare, consolare, coccolare, rendere felici.

Quel boccone carico di ricordi, quell’emozione che ricompare immediatamente quando le nostre papille gustative incontrano il nostro cibo del cuore, capace di commuoverci e rassicurarci.

Esiste una parola portoghese che deriva dalla cultura galiziana, intraducibile in italiano, che riesce, secondo me ad esprimere perfettamente la sensazione che ognuno ha nei confronti del proprio Food eletto.

“Saudade”: un intreccio di malinconia e mancanza, per qualcosa che si è perso, ma rivive nel ricordo, misto ad un ricordo felice, che continua ad essere felice, nonostante tutto. 

Quando lo cerchiamo?

Diverse le motivazioni che possono scatenare la necessità o il desiderio di trovare conforto nel cibo: stress, spirali emotive, nostalgia, delusioni.

L’essere umano in linea generale, ricerca casa nel cibo quando attraversa turbamenti e livelli di tensione elevati.

Quando ci si sente smarriti, si è lontani da casa o semplicemente dopo una giornata pesante o dopo una discussione complessa, capita spesso di desiderare il nostro food eletto per farci sentire subito meglio ed a volte basta davvero il pensiero.

Finger food ed aperitivo in veranda- crediti foto Silvia Rivetti
Finger food ed aperitivo in veranda- crediti foto Silvia Rivetti

Ecco perché con il cibo… si sorride!

La scienza indaga da decenni sul rapporto esistente tra cibo ed emozioni ed ha dimostrato che determinate mancanze nutrizionali possono incidere negativamente sull’umore, causando tristezza e depressione.

Esistono alimenti che, per loro natura, favoriscono il rilascio di endorfine, dopamina e serotonina, come ad esempio le noci e il cioccolato fondente, antistress naturali capaci di migliorare l’umore.

Ma davanti al comfort food il quadro diventa più complesso e personale, oltre all’influenza sull’umore entra in gioco il valore emotivo custodito nel piatto e nella memoria esperienziale di ciascuno di noi, legato ad un periodo della vita o di un evento in particolare.

Oggi sorridiamo sempre con la stessa emozione davanti a quel piatto?

Oggi il facile accesso alle informazioni, la nuova consapevolezza del consumatore, più attento e informato, ha creato nuove esigenze nella ricerca gastronomica quotidiana, soprattutto dal punto di vista nutrizionale, della trasparenza di filiera e di un LCA sostenibile.

Ma l’emozione resta la stessa? Riusciamo a trovare un pezzettino di poesia attraverso questa lente d’ingrandimento?

Sicuramente vediamo una salute felice, una consapevolezza informata, un benessere più consolidato e una lungimiranza nelle buone abitudini alimentari, ma forse la parte più genuina e primordiale dell’emozione potrebbe faticare un pelo di più ad arrivare al nostro cuore.

Questo non vuole assolutamente precludere un alimento sano da un ricordo felice, perché anche la sana ciliegia, soprattutto la prima dell’anno, sa emozionarci ogni prima volta, tanto da esprimere un desiderio quando accade.

La vera magia del cibo.

Forse la ricerca spasmodica, a volte anche un pochetto ossessiva, di un alimento perfetto capace di rispondere ad ogni esigenza, toglie spazio alla vera magia del cibo, che spesso sposa la semplicità più che calcoli nutrizionali.

Anche le finestre temporali disponibili per la preparazione del cibo, oggi sono spesso affacci in ombra sulla frenesia delle nostre giornate, ci portano spesso a scegliere ready food, perfettamente bilanciati e standardizzati nel sapore, ma il sorriso è sempre quello della torta di mele?

I ricordi della nostra infanzia sono strettamente intrecciati con gli odori e i sapori.

Nel corso del tempo scrivono un racconto con noi, ci tendono la mano nei momenti difficili e contagiano le nostre risate.

Scatto una fotografia: seduti in quelle straordinarie tavolate dove il cibo è condivisione, i sapori si fondono con il vociare felice e i profumi fissano un’istantanea di quel ricordo, tra sorrisi e abbracci.

Tavolata di famiglia - Crediti foto Silvia Rivetti
Tavolata di famiglia – Crediti foto Silvia Rivetti

Il calore di quei momenti resterà impresso nella nostra mente per molto tempo e quando cominceremo a sentirlo meno vicino, l’effetto Madeleine accorcerà le distanze.

Lo farà con il profumo di pomodoro e basilico di quella bruschetta, il comfort food salva cena per eccellenza, assaporata in una stanca sera d’estate, improvvisando un pasto veloce dopo aver messo a nanna i piccoli.

Oppure al tramonto di una lunga giornata di lavoro, o durante quella degustazione di vini, dove in un passito ritroveremo quel dolce e salato di amaretto e zucca, Re e Regina indiscussi dei ravioli di Nonna, che ci riporterà seduti a quel grande tavolo.

E sì, sorrideremo ancora come allora o forse anche di più.

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Il suo amore per il cibo profuma di uova fresche e farina polverosa, racconta di un’infanzia felice, di pomeriggi trascorsi ad impastare, osservare, sentire ed ascoltare. Nasce da intrecci meravigliosi di cibo e racconti, emozioni e difficolta, conoscenza senza giudizio. Silvia sogna di scrivere di quell’amore fin da quando era una bambina curiosa che appuntava le ricette di nonna e ogni nuova scoperta di gusto. Oggi quegli appunti raccontano la sua storia. Passione, studio e curiosità la hanno portata a custodire quel sogno, che continua ad emozionarla, perché una cosa bella è una gioia per sempre.

1 Comment

  1. Veramente eccezionale e con grande competenza ha svolto un approfondimento su un tema così importante e significativo per lo sviluppo della nostra società. Complimenti per la dottoressa Silvia Rivetti che rivela oltre alle sue doti anche il profondo amore per il tema trattato.

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