Il Cornicione della Pizza: storia, evoluzione e falsi miti

Alighieri aveva diviso l’inferno in nove cerchi, delineati in base al peccato commesso in vita. Dal 1309 molti di questi però sono mutati, si sono evoluti ed esattamente dal 1889 sono diventati dieci. Il più infimo, quello più vicino al portatore di luce – Lucifero – è dedicato a chi in vita non mangia il cornicione della pizza.

Il cornicione è un oggetto di culto, parte integrante, e assolutamente non negoziabile, nell’edificazione della pizza stessa e del suo sapore, che senza risulta castrato, proprio come una fetta di prosciutto senza grasso.

Scartarlo, il cornicione, significa eliminare un pezzo stesso dell’opera, come se qualcuno pensasse che della Gioconda possa bastare solo il sorriso.

Perché il cornicione non è altro che il ponteggio della pizza, il confine quasi amletico fra pizza e non pizza.

E si può mai pensare di edificare il Burj Khalifa senza un’impalcatura solo per una delle tante fisime del genere umano?

Pizza appena sfornata in una pizzeria con cornicione alto

Il cornicione della pizza secondo disciplinare.

Per poter parlare di cornicioni bisogna sicuramente partire dalla storia della pizza.

Storia di dimensioni, che in questo caso contano eccome!

Bastava un occhio allenato per distinguere una pizza nata al Vomero di taglia media e una extra large in via dei Tribunali o a Forcella, come quella dell’antica pizzeria da Michele. Alle differenze di dimensioni non erano però correlate differenze di cornicioni: questi, infatti, non superavano mai i 2 cm di altezza.

Il disciplinare STG della pizza napoletana dal 2010 infatti recita:

“Il cornicione dovrà essere di 1-2 cm, regolare, ben alveolato, privo di bolle e bruciature e di colore dorato”

escludendo quindi tutti quelli più alti dalla dichiarazione di specialità tradizionale garantita. Napoli, e in realtà tutt’Italia, sono nel pieno di una guerra generazionale fra vecchia e nuova scuola.

mani di donna che impastano una pizza

La guerra dei due mondi.

In principio il cornicione era quello della pizza a “ruota di carro”, ovvero strabordante e forse poco instagrammabile.

Negli ultimi dieci anni invece il feed è pieno di pizze a “Canotto” (marchio tra l’altro registrato da Carlo Sammarco nella sua pizzeria di Aversa). Questa è caratterizzata da un cornicione ben oltre i 3,5 cm che al taglio risulta pieno di caverne, nonché pieno di niente.

La pizza canotto nasce infatti dalla bravura dei pizzaioli nello stendere l’impasto, confinando l’aria nel cornicione, svuotandolo di mollica e riempiendolo di niente, appunto di aria.

Una magia degna della fantasia del popolo meridionale. La storia vuole la prima nel vomerese, uscita dai forni dalla pizzeria Gorizia e sfornata da Salvatore Grasso.

Oggi la tendenza si è spostata invece nel casertano, basti pensare a Francesco Martucci.

Troppo spesso però si tende a sminuire il lavoro di qualcuno solo perché non lo si capisce, fino quasi a creare una vera e propria guerra interna.

Ed è questo che purtroppo sta subendo il “club canottieri partenopei”, che dopo anni di studi e ricerche si sentono privati della loro territorialità, seppur solo per il disciplinare.

Anche perché questa tipologia di lavorazione, dapprima accolta con scetticismo anche dai consumatori, risulta ad oggi una delle preferite dal pubblico, che rimane affascinato dall’estetismo di pizze che ben presto sono diventate un vero e proprio esercizio di stile da pubblicare sui propri social.

pizza gourmet a canotto

Il sommo sacrilegio.

La ricerca delle caverne è una questione molto più laboriosa di quanto si possa credere, fatta di lunghi tempi di maturazione, alte idratazioni e scelta minuziosa delle materie prime.

I veri segreti di queste grotte del cornicione della pizza sono però la temperatura del forno e la posizione in cui la pizza viene cotta: è la cosiddetta “bocca di forno” necessaria ad assicurare la croccantezza al cornicione.

Se al taglio si rimane affascinati da questi vuoti, è solo assaporandolo che si riesce a constatare la bontà dell’impasto, proprio come una cartina tornasole.

Per molti destinare queste tipologie di cornicioni al secchio della spazzatura è un vero e proprio sacrilegio a prescindere, un atto di lesa maestà alla pizza. Ma il delitto ha delle ovvie attenuanti: se la pizza è mal lievitata, cruda o carica di lievito, il sacrilegio è concesso! E forse, se non certamente, l’errore di base è la scelta della pizzeria!

mani che  prendono una fetta di pizza sottile e con cornicione basso

Meglio il cornicione della pizza “a ruota di carro” o a “canotto”?

Fin troppo scontato dire che questa guerra è un mero attacco al diverso.

È sbagliato, in questo secolo e sempre, attaccare la diversità.

È impossibile pensare che una pizza sia meno pizza di un’altra per colpa di un cornicione!

E poi, di cornicioni di pizza parlando, non esistono amori sbagliati… è la pizza è il vero amore!

Amore per la pizza: Uomo che tiene in mano una pizza a forma di cuore

Sono assolutamente sicuro che in Paradiso ci siano dei rivenditori di soli cornicioni fra i più buoni che tutti abbiano mai mangiato. Ma nel frattempo qui sulla Terra ci ha pensato la catena di fast food statunitense Villa Italian Kitchen ad inserire in menù uno splendido fuori programma.

Si chiama “Just the crust”, letteralmente solo cornicioni. Perché in fondo da un napoletano ci si può aspettare solo l’impensabile!

“Se per assistere realmente alla bellezza di una rosa bisogna lasciarsi pungere dalle sue spine,

per assaporare un’ottima pizza è necessario degustare un sacrosanto cornicione”.

Stampa

Laureato in Scienze Gastronomiche Mediterranee a Napoli, la storia d'amore di Antonio con il cibo e la cucina parte da molto lontano, quando da bambino inizia ad alimentare la vena culinaria. Coronato il sogno del "doppiopetto bianco" grazie alla formazione alberghiera, ha lavorato come aiuto cuoco in diversi ristoranti del salernitano. Coltiva sapientemente ogni passione, dalla cinematografia alla musica passando per la letteratura e la scrittura.

Lascia un commento

*