Marchesi e la sua Accademia: matrice di confronti culinari

“L’esempio è la più alta forma d’insegnamento.” 

Se abbiamo un’idea chiara dei contorni che delineano la cucina italiana lo dobbiamo alla figura di Gualtiero Marchesi. Mente innovativa, fondatrice della sua omonima Accademia: atout di rilievo per il panorama gastronomico nazionale. Questo perché, anche dopo la sua morte, nel 2017, le sue cattedre hanno ospitato docenti di grande spessore,
forgiando i cuochi del futuro.

Proprio in questo clima d’innovazione, il 21 febbraio 2024, la Fondazione Gualtiero Marchesi ha fatto da teatro a un simposio culinario sulla figura del Maestro e sul valore del suo esempio.

L’evento.

Per un appassionato entrare in via Bonvesin De La Riva genera una sorta di riverenza incondizionata. Forse perché quella piccola strada costeggiata da palazzi meneghini ha fatto da culla alla cucina italiana che conosciamo oggi.

Il portone in ferro dell’Accademia mostra le sette emblematiche pennellate usate dallo chef come copertina per il suo menu degustazione: un vessillo diventato sinonimo di cultura e arte.

Entrando nella sala dell’ateneo si viene accolti da quadri e da opere ispirate ai piatti Marchesi, assieme ad una postazione di cucina adibita per gli allievi durante le sessioni di studio.

L’incontro ha visto la partecipazione di alcuni degli allievi prediletti del Maestro: Carlo Cracco, Andrea Berton e Antonio Ghilardi, luminari della haute cuisine italiana che hanno vissuto in prima persona la rivoluzione gastronomica.

Il momento della presentazione – credits @sciallastudio

Il simposio.

Ad aprire le danze è stato l’intervento di Carlo Cracco, il cuoco che forse incarna al meglio la sua filosofia:

“Gualtiero Marchesi – lo ha ricordato – era una persona brillante, già negli anni ‘70 rende il suo ristorante Bonvesin De La Riva una chiesa laica gastronomica dove moltissimi addetti al settore venivano per chiedere consigli”.

Una figura portatrice di cambiamenti ma con non poche difficoltà causate da un ambiente molto conformista: “Non è stato facile per lui – ha sottolineato Cracco –Marchesi si fece carico del peso di tutte le sue visioni avanguardistiche. L’attenzione verso il cibo e la cucina era molto meno profonda però c’è da dire che prima si avevano più libertà”.

Facendosi rapire dai ricordi di quel periodo, ecco le memorie di Andrea Berton: “Mi ricordo ancora il primo giorno in cui entrai in Bonvesin De La Riva per chiedere un posto di lavoro. Passai dal retro della cucina per parlare direttamente con Marchesi. Ero arrivato a Milano col treno e non avevo il biglietto di ritorno; quindi, non avevo un piano B”.

Occasione che ha plasmato non solo la sua carriera lavorativa, ma anche la sua vita: “Il mio primo e vero mentore – ha ammesso quasi con nostalgia – è stato lui, mi ha trasmesso l’importanza del portare la cultura in cucina”.

Un insegnamento entrato anche nel modus cucinandi di Antonio Ghilardi: “Il ristorante di Marchesi – ha detto – fu la prima esperienza lavorativa. Una cosa che mi è sempre rimasta impressa è la sua voglia di confronto con i suoi ragazzi.

Quando aveva un’idea o un’intuizione chiedeva i pareri di tutti, cercava un dialogo con tutti i suoi sottoposti. Un’altra
lezione che mi ha trasmesso è chiedersi il perché delle cose: è fondamentale sapere il motivo
dietro una preparazione o una tecnica”
.

Illuminante l’intervento di Maddalena Fossati, direttrice della nota rivista La Cucina Italiana:

La nostra cucina non è solo nutrimento, è un valore immateriale, un atto culturale. Il Maestro è senz’altro l’esempio più scintillante perché ha portato l’arte e la cultura, valorizzando quello che serviva nel piatto”.

Un evento che ha segnato l’inizio di diversi incontri settimanali: ogni martedì si affronteranno, assieme ad importanti ospiti, degli argomenti con un focus al mondo ristorativo.

Il comitato – credits @sciallastudio

L’eredità di Marchesi.

Uscendo dall’edificio la mente rimanda ai discorsi affrontati in un’Accademia che dal 2014 rende concreto il pensiero di Marchesi: Dare valore all’esempio come forma d’insegnamento.

“La cucina non è un fine ma un mezzo”

Una citazione del Maestro che rispecchia perfettamente questo evento ricco di partecipazione e di interesse verso il cibo come elemento cardine della nostra cultura contemporanea.

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Loris è cresciuto tra pentole e padelle in cucina con sua nonna nella Bassa Lodigiana, in un paesino di appena 900 anime. Questo però non gli ha impedito di uscire ed esplorare il mondo. Dopo essersi diplomato all’Alma è approdato infatti in diverse brigate anche stellate. Poi però quella vocazione per la scrittura, da sempre latente, ha preso il sopravvento e adesso si dedica anima e cuore a raccontare la cucina, dopo averla vissuta in prima persona, sapendo che anche il più umile dei prodotti ha una storia che merita di essere raccontata.

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