Gianfranco Vissani: custodiamo i nostri marchi italiani e puntiamo sulla qualità e sulle tradizioni

Gianfranco Vissani e Francesca Orlando

Gianfranco Vissani a Gusti di Frontiera 2017.

Gianfranco Vissani, detto il Che Guevara della cucina, si sa, non ha peli sulla lingua. E’ uno “star chef” da molto prima dei palinsesti legati al food ed è uno che per le sue idee si scalda animatamente.

Ma è anche uno chef che del suo mestiere se ne intende e le stelle Michelin non mentono. Sostenitore del cibo di qualità e del made in Italy, da anni si batte per l’olio di oliva puro e frutto della manodopera umana e ha fatto della carne un terreno di battaglia.

Si pone al suo pubblico in modo sanguigno e se le polemiche si fanno scrivere, i messaggi che spesso fa passare sono importanti e di una verità innegabile. Messaggi come quelli che ha portato a Gorizia, a Gusti di Frontiera, edizione 2017; un evento che ogni anno vuole essere un salotto del gusto, con centinaia di stand e i migliori prodotti e piatti enogastronomici di tutto il mondo, una kermesse enogastronomica che ha oramai compiuto 14 anni.

L’edizione di quest’anno ha visto una novità, il Salotto del Gusto, che ha portato nel capoluogo isontino grandi personaggi televisivi e prestigiosi chef. Tra questi lui, Vissani, che, intervistato dal Gastronauta Davide Paolini (fresco di edizione con “Il crepuscolo degli chef“), ha scaldato la platea in applausi o commenti contrastanti parlando del “come valorizzare i prodotti italiani”.

Gianfranco Vissani

Olio di oliva: no alle colture intensive.

E’ oramai noto che Vissani sull’olio sa tutto. Lo abbiamo spesso sentito dibattere sull’argomento e Paolini non poteva che dare via allo show così: ciack si gira, ecco a voi le dichiarazioni del più grande esperto sul tema, e non c’è motivo per metterle in discussione, argomentazioni deontologiche perfette e indubbie sulla punta dei canini!

Ci dica il suo pensiero sull’olio di oliva…

Il vero olio italiano non esiste più! Abbiamo deciso di dedicarci alle coltivazioni intensive, ma sapete cosa sono? Arrivano dalla Spagna, questa è la prima cosa da sapere. In un anno le piantine giovani producono olive, tante olive, e tutto il lavoro è meccanizzato. Le olive non vengono praticamente mai toccate dalle mani dell’uomo. Vengono messe a dimora un gran numero di varietà e di selezioni (Toscane, Siciliane, Pugliesi… e finanche straniere) in uno stesso terreno e così le varietà vengono fatte adattare. Quale è il risultato? Abbiamo perso il primato dell’olio di oliva, perchè se una volta avevamo l’olio pugliese, quello toscano, quello ligure, fatto con amore e fatica dai piccoli produttori, ora questi produttori vengono mangiati dalle colture intensive, perché l’olio di queste colture è più economico.

Ma ricordatevi che siamo in grado di fare dell’ottimo olio di oliva e dobbiamo lottare per farlo vivere, dobbiamo valorizzare i grandi prodotti italiani!

Ad ogni territorio il suo prodotto.

E cosa si può fare di più per valorizzare i prodotti italiani?

La nostra cucina non si basa sulla tecnica, ma sui prodotti. La terra è la nostra mamma ed è lei che dobbiamo rispettare, la terra! E allora la prima cosa da fare è riconoscere che ogni terra ha i suoi prodotti, che non possono essere coltivati o prodotti altrove. Il Montasio è solo quello prodotto sul monte Montasio, il Parmigiano Reggiano dop è solamente quello fatto in terra reggiana, la stessa cosa vale per il Grana Padano, o per il prosciutto di San Daniele e di Parma. Facciamo dei prodotti eccellenti, eppure nessuno (politici in primis) ce li sa valorizzare, nessuno li protegge e difende. Ma non dobbiamo arrenderci e dobbiamo continuare a credere in quello che facciamo, continuare a coltivare la terra e fare i nostri prodotti come la tradizione ci ha insegnato. Dobbiamo stare sempre attenti a cosa produciamo e a come lo produciamo. E’ un’epoca di grande competizione, ci sono la Cina, il Giappone, l’America… Noi abbiamo un punto a favore, abbiamo la QUALITA’, ed è su quella che dobbiamo puntare. Niente più prodotti di coltivazioni intensive, niente più bistecche di allevamenti intensivi, che quando le metti in padella diventano invisibili!

Siamo ospiti su questa terra e abbiamo una missione: salvaguardiamo per chi verrà dopo di noi!

L’unica difesa che abbiamo è la qualità estrema e non dobbiamo farci comprare i nostri marchi, non è giusto che prodotti nostri vengano fatti in ogni parte del mondo spacciati come “made in Italy”. Il made in Italy siamo noi; i contadini una volta erano l’espressione della cultura culinaria italiana e allora dobbiamo tornare a fare i contadini!

Vissani vs Kamut.

E qua lo show si scalda. Inveisce provocatoriamente Davide Paolini contro gli italiani: sì, noi siamo un po’ “babbei”; pensiamo ad esempio che siamo i più grandi consumatori di Kamut e pochi sanno che il kamut non è un grano, ma è un marchio depositato e la società prende delle royalty ad ogni chicco prodotto (e lo produciamo anche in Sicilia). Senza pensare poi che tutti credono che il kamut sia ottimo contro le allergie, ottimo per il diabete e la celichia, ma non è vero! Sul sito  internet di Kamut International è scritto chiaro che non è adatto ai diabetici e celiaci, eppure il 75% del kamut viene venduto in Italia, con tutto l’ottimo grano che abbiamo!

E Gianfranco Vissani non si lascia sfuggire la palla e lo segue a ruota.

Quello che voi mangiate si chiama khorasan e arriva dall’Iran, viene macinato in Canada e poi portato in Italia! Altro che grano, Senatore Cappelli non esiste più e noi mangiamo OGM!

E via di nuovo contro gli allevamenti intensivi, anche quelli dei pesci che chissà dove vivono e con che schifezze di mangimi vengono nutriti…

Ma se forse di allevamenti meno intensivi e con pesci cresciuti sani e che arrivano in tavola di qualità, il messaggio forte che arriva dalla voce dello chef è importante e da vero maestro dell’alimentazione.

Impariamo a mangiare come una volta!

Le mamme di oggi sono iper apprensive, comprano pesce allevato e abbattuto e poi impiegano ore a curare per i bambini filetti magri, senza pelle e senza spine. Per non parlare della carne. Andiamo a comprare solo filetto che costa 35 euro al chilo e buttiamo via la spalla, o non la compriamo anche se costa 1 euro, ma la spalla è nutriente quanto il filetto. E allora impariamo a mangiare anche la spalla, perché se è vero che i prodotti di qualità (olio, formaggio eccetera) costano di più perché impiegano molta manodopera, è anche vero che dobbiamo rieducarci a mangiare tutto, a non sprecare, come facevano i nostri nonni e bisnonni.

Grande verità nelle parole di chef Vissani. Viviamo in un’epoca di sprechi, in un mondo che non conosce più la fatica e la vera povertà e andiamo a caccia di prodotti pregiati dimenticandoci i sapori veri e genuini dei prodotti base di una volta e delle nostre terre.

A proposito di spalla e filetto – lo sollecita Paolini -; ultimamente sei “scatenato” sul tema della carne, inveisci contro i vegani…

E qua l’indipendente personaggio Gianfranco Vissani stupisce per davvero il pubblico. Perché se il “gioco” è la guerra al veganesimo, la verità è ben altra…

Confrontiamoci e rispettiamoci, e accettiamo la cultura degli altri popoli.

Il veganesimo – inizia lo chef – nacque nel 1944 a Londra. E gli inglesi sono come gli americani, sono ingestibili! Loro si sono dissociati dai vegetariani per fare i vegani e sono pietosi! Pietosi perché non vogliono mangiare niente e i loro poveri figli non possono nemmeno bere il latte della mamma; sono bambini che spesso hanno difficoltà (e magari carenze nutrizionali se i genitori sono dei fanatici e non prestano la giusta attenzione, aggiungo io – ndr). E poi pietosi soprattutto perché inveiscono contro di noi, ci dicono che uccidiamo gli animali, vogliono insegnarci cosa mangiare. Ma non devono fare questo. Noi non ammazziamo duemila animali al giorno. Siamo nati carnivori per cultura, un giorno mangiamo un po’ di pollo, qualche giorno dopo una braciola o un po’ di agnello. E’ la nostra tradizione e dobbiamo rispettarla.

Vi faccio un esempio; oggi si parla tanto degli insetti e ci sono discussioni e polemiche… L’Antico Testamento narra che in Mesopotamia, prima dei romani, tra il Tigri e l’Eufrate, c’erano moltissimi insetti e i persiani dovevano addirittura pagare il dazio per poterli mangiare. Aristotele scrive che le cicale erano buonissime e Plinio parla di piatti fatti con cous cous e larve.

Ecco, io ho mangiato le cavallette, ho assaggiato le larve in Cina, ho mangiato il cane… Capisco che inorridiamo, ma non si fa perché siamo tutti esseri viventi, ognuno con la propria cultura: c’è chi non mangia carne, chi non mangia maiale, chi non mangia latticini… Basta guardare le religioni! Basta farci la guerra! Dobbiamo guardarci, confrontarci, rispettarci.

Dobbiamo cercare la cultura degli altri popoli, comprenderla, accettarla e condividerla, pur custodendo le nostre tradizioni e la nostra qualità!

… e poi… solo e semplicemente un grandissimo applauso a Gianfranco Vissani! Un onore per me averlo conosciuto.

 

Stampa

IDEATORE E AMMINISTRATORE DI RISTORHUNTER - Giornalista pubblicista e scrittrice, Francesca è felicemente ossessionata dai racconti e dal potere delle storie: se infatti nessuno è in grado di contrastare la forza di gravità esercitata dalle storie, lei ne è sin dai primi anni di vita la prima vittima. Docente di "arte della narrazione" (anche applicata al mondo enogastronomico), che ama in verità definire "scrittura emotiva", crede che sia assolutamente vero che "Dio creò l'uomo perché gli piacciono le storie". Per Francesca insomma la scrittura è una cosa seria, perché scrivere significa dire quello che non riusciamo a dire e perché la scrittura è "un atto di conoscenza che si maschera di finzione".

Lascia un commento

*