Il menu: storia, regole, suggestioni

Protagonista sulle tavole dei ristoranti, il menu è un alleato prezioso per il locale e per i suoi ospiti. Strumento di comunicazione che racchiude l’identità della cucina, può diventare un ricordo indelebile dell’esperienza enogastronomica vissuta.

Eppure, il menu non è sempre esistito, o almeno non come lo intendiamo oggi.

Storia e storie del menu.

Il termine menu ha origini francesi e per questo si scrive rigorosamente senza accento!

Deriva dalla parola “minuta”, la lista che il capo cuoco preparava per il padrone di casa in base alla disponibilità della dispensa, del mercato e, qualche volta, della propria creatività (per altro un perfetto esempio di “cucina spontanea” che oggi sta tornando più che mai di moda).

Il menu, nell’accezione moderna del termine, fa la sua prima comparsa in Francia.

Siamo a inizio Ottocento, quando il cosiddetto servizio “alla francese”, che prevede la disposizione contemporanea, tipica dei banchetti, di tutte le portate sulla tavola in modo che i convitati possano servirsi da soli, viene progressivamente sostituito da quello “alla russa”, in cui l’entrata delle portate avviene una alla volta secondo un ordine predefinito.

In questo scenario la presenza del menu diviene indispensabile per permettere agli ospiti di avere una visione globale del percorso gastronomico che li aspetta, e poter quindi scegliere e quantificare le porzioni da farsi servire.

Menu per le celebrazioni dello Statuto Albertino del 1848 - Credits Wikipedia
Menu per le celebrazioni dello Statuto Albertino del 1848 – Credits Wikipedia

Il termine menu, dunque, è da intendersi in una doppia accezione, come teorizzato anche dallo chef francese Auguste Escoffier, che all’arte di comporre il menu ha dedicato addirittura un libro: l’insieme delle pietanze e delle bevande che entrano nella composizione di un pasto e il cartoncino sui cui il programma è riportato.

Proprio questo cartoncino è in grado di raccontarci i diversi passaggi che hanno portato ai cambiamenti più significativi nell’organizzazione ristorativa.

Le liste dei ristoranti sono quindi anche documenti indispensabili per tracciare una storia delle mode gastronomiche degli ultimi due secoli.

Il menu è anche identità.

La storia del menu si intreccia alla storia di un popolo, perché racconta le evoluzioni del suo rapporto con il cibo cucinato, ma anche con le materie prime.

Un rapporto in continua evoluzione, che rivela l’identità culturale propria di ciascuna generazione.

Quella identità culturale e quella storia in cui ciascuno di noi si deve riconoscere quando si siede al tavolo di un ristorante per sentirsi accolto come a casa e per poter godere appieno dell’esperienza enogastronomica che si appresta a vivere, abbandonandosi con fiducia alle mani del cuoco.

In questo senso, il menu può diventare quindi anche elemento in grado di decretare il successo o l’insuccesso di un locale, in base a quanto riesce a rispecchiare le attese (spesso anche inconsce) dei propri ospiti.

Proprio così!

Perché il menu racchiude in sé l’essenza di un ristorante, la personale visione di cucina dello chef, in una parola la sua identità, presentata attraverso un percorso culinario che, piatto dopo piatto, ne svela la più profonda natura.

Il menu, dunque, è qualcosa di diverso dalla carta.

La carta, infatti, consiste semplicemente nell’elenco di tutte le pietanze o dei vini disponibili in un ristorante, tra cui l’ospite può scegliere in autonomia in base al proprio gusto o alla propria predisposizione del momento.

Chi sceglie un menu, invece, decide di affidarsi completamente e di farsi guidare dallo chef in un viaggio fra i sapori, tra le righe di un racconto che lo porterà a conoscere meglio una nuova prospettiva di cucina.

Anche il design del menu, quindi, deve essere coerente con l’atmosfera del locale e con la sua idea di cucina.

Il menu di Bequadro Restaurant and Sound a Parma, dove si cena accompagnati da musica dal vivo
Il menu di Bequadro Restaurant and Sound a Parma, dove si cena accompagnati da musica dal vivo

Regole per la creazione di un menu.

E allora come nasce un menu? Quali sono, se ci sono, le regole da rispettare per la sua creazione?

Se l’ispirazione di ogni singolo chef, unita alla sua tecnica, è un elemento importante e distintivo di ogni singolo locale, non può certo essere l’unica variabile da prendere in considerazione per la creazione di un menu.

La stagionalità.

Oggi alla base di qualsiasi scelta troviamo di certo anche la stagionalità, che per la maggioranza dei cuochi rappresenta la chiave di lettura indispensabile per strutturare un percorso di degustazione caratterizzato da sapori veri.

Sapori che devono poi fondersi all’interno di un piatto in grado di rappresentare e di comunicare la filosofia personale del ristorante; lo chef con il suo lavoro deve quindi ricercare una coerenza tra le sue creazioni e il luogo in cui sta lavorando.

Il menu del ristorante Gellius di Oderzo
Il menu del ristorante Gellius di Oderzo. Crediti foto: Fancesca Orlando

I costi.

Ma comporre un menu non è solo un’opera creativa.

Costruirlo presuppone infatti anche la valutazione di alcuni elementi di tipo scientifico, perché in fondo un ristorante è sempre un’attività commerciale che non può prescindere da una valutazione attenta dei costi.

Anche per questo la tendenza oggi è quella di accorciare sia l’elenco delle portate, sia il numero degli ingredienti al loro interno.

Sostenibilità e chiarezza.

Questo accorgimento permette un maggiore controllo della spesa a favore di una migliore sostenibilità del locale.

Lo fa non solo a livello di gestione economica ma anche di prodotto, sempre più fresh, local e seasonal.

E comporta inoltre una maggiore chiarezza espositiva del menu, che ne facilita la comprensione da parte degli ospiti, rendendo più semplice la loro scelta.

Sempre più spesso anche i ristoranti di livello come gli stellati propongono menu degustazione più brevi.

Menu con solo 4 o 5 portate, per consentire agli ospiti di avvicinarsi alla loro proposta di cucina attraverso una selezione di piatti simbolo, senza affaticare il loro stomaco e le loro tasche!

cliebte che legge un menu a cartoncino
crediti foto: Canva

Il menu come souvenir.

Ci sono poi alcuni dettagli da tenere in considerazione anche nella realizzazione del menu inteso come supporto cartaceo a disposizione degli ospiti, che permette loro di seguire con più facilità il percorso proposto dalla cucina.

A tal fine ogni piatto deve avere un nome in grado di raccontare la sua identità; gli ingredienti e le tecniche di preparazione devono essere messi in risalto ed esposti con semplicità, per favorire una immediata comprensione.

Va ricordato inoltre che la scelta di materiali, colori e grafica deve essere coerente con l’identità del locale e della cucina.

Ne è un esempio il menu del ristorante St. Hubertus, tre stelle Michelin a San Cassiano in Alta Badia.

Precursore di quello spirito attento alla sostenibilità oggi tanto di moda, questo menu è realizzato con materiali riciclati e riciclabili ottenuti dagli scarti delle mele.

Una scelta in perfetta sintonia con la filosofia “Cook the Mountain” del locale, che punta su una cucina ecosostenibile in grado di valorizzare i prodotti del territorio.

O ancora quello di Casa Maria Luigia, vivace e informale, come l’atmosfera che si respira tra i tavoli apparecchiati nel giardino della Villa per il Tòla Dòlza, il brunch domenicale della famiglia francescana.

Le dimensioni.

L’ultimo dettaglio da prendere in considerazione è anche il più importante: le dimensioni.

Ideale è il formato pocket, in perfetto accordo con la tendenza sempre più diffusa, soprattutto nei ristoranti di alto livello, di consegnare a fine serata agli ospiti la loro copia del menu come ricordo dell’esperienza enogastronomica vissuta.

Riaprire le sue pagine, anche a distanza di tempo, permette di riassaporare ogni singolo passaggio dei momenti trascorsi nel ristorante, le sue atmosfere, lo stupore davanti ad ogni singolo piatto e i racconti su com’è nato, declamati con appassionata eleganza dal personale di sala.

Un souvenir che permette di prolungare l’esperienza enogastronomica nel tempo, e perché no, di farsi venire la voglia di riviverla ancora, e ancora, e ancora…

© Riproduzione riservata

Stampa

Profondamente legata alla sua Val Trebbia, ama viaggiare, soprattutto con la fantasia, ascoltare storie e conoscere nuove realtà. Da sempre appassionata dalle storie di cibo e dalla scrittura, da qualche anno è stata rapita dal mondo del fine dining, dove l’arte della cucina e del servizio danno vita a esperienze gastronomiche espressione dell’anima degli chef, della loro squadra e, sempre più spesso, di tutto un territorio. Trovare le parole per raccontare tutto questo è una nuova sfida, che affronta con la sua ricetta personale fatta di passione, preparazione e perseveranza.

Lascia un commento

*