Cucina spontanea: l’anima del ristorante Mos

Un nuovo stile di cucina si sta diffondendo sempre più nel fine dining: la cucina spontanea.

Piatti semplici (ma solo in apparenza) con pochi ingredienti di stagione, cucinati alla perfezione per risultare del tutto riconoscibili e conquistare il palato e il cuore dei commensali, valorizzando così il territorio e le sue tradizioni.

È questa la nuova cucina sempre più protagonista del mondo enogastronomico contemporaneo.

Parola alla stagionalità.

Un sorriso.

Un pianto.

Un’espressione di meraviglia.

Un sussulto del cuore.

Cosa c’è di più spontaneo di un’emozione?

Qualcosa che accade in maniera naturale, sfuggendo al controllo della mente e dell’azione umana.

Qualcosa di prezioso e di effimero, che bisogna saper cogliere al momento giusto per riuscire a godere di tutta la sua intensità.

Proprio come un certo tipo di cucina, creata al momento e dettata dalla stagionalità delle materie prime presenti su un territorio, oltre che dall’ispirazione del cuoco.

La cucina spontanea.

Una pratica dall’origine antica, che risale al periodo in cui in Francia nascevano i primi menu.

Ma se in passato questa forma di arte culinaria era dettata dalla necessità, dovuta alla scarsità di risorse o alla maggiore difficoltà negli spostamenti, anche delle merci, oggi la cucina spontanea si può definire una vera e propria tendenza verso un nuovo modo di intendere la cucina.

La cucina di mercato.

“Tutte le mattine […] vado al mercato e mi aggiro a lungo tra i banchi. Facendo la spesa di persona, so che un contadino ha dei cardi eccellenti, che un altro è lo specialista degli spinaci e che un terzo ha portato stamattina deliziosi formaggi di capra. A volte, non ho idea di quali piatti cucinerò per il pasto di mezzogiorno: decide il mercato. Ed è questo, penso, che fa la buona cucina”.

Queste sono le parole che un attualissimo Paul Bocuse scrive nell’introduzione al suo ricettario “La Cucina del Mercato”, uno dei manifesti della Nouvelle Cuisine che già nel 1976 pone l’attenzione sui concetti di stagionalità e territorio come sinonimo di qualità.

La copertina del libro "La Cucina del Mercato" di Paul Bocuse, pubblicata per la prima volta nel 1976. Credits Guido Tommasi Editore 
La copertina del libro “La Cucina del Mercato” di Paul Bocuse, pubblicata per la prima volta nel 1976. Credits Guido Tommasi Editore 

Il foraging.

Ma nella cucina spontanea questo pensiero viene spinto addirittura allo stremo, tanto da arrivare a recuperare una pratica antica come il foraging.

Questa nuova-vecchia attività prevede la raccolta di tutto ciò che cresce in maniera spontanea nei boschi di montagna, nelle acque dei laghi o lungo gli argini dei fiumi, senza danneggiare la natura.

Quindi erbe, bacche, frutti, foglie, radici e cortecce commestibili, ma anche carne e pesce (infatti non si tratta di cucina vegetariana né vegana) presi nel loro habitat naturale e rielaborati in ricette che spesso utilizzano metodi di lavorazione molto antichi recuperati dalla tradizione, in grado di rispettare la qualità di ogni elemento.

Food forager con il suo raccolto nel cestino. Credits Canva
Food forager con il suo raccolto nel cestino. Credits Canva

I cardini della cucina spontanea.

Scegliere gli ingredienti con cura e trattarli con rispetto per preservare il loro sapore originario e renderli riconoscibili al palato.

Ma anche lasciare spazio all’improvvisazione, ovvero alla creatività di ogni chef che, mettendo da parte ogni schema precostituito, lasciandosi ispirare da ciò che la natura mette a disposizione, e rielaborando idee, esperienze e culture diverse, saprà creare piatti in grado di far spuntare emozioni sui volti di quanti riusciranno ad abbandonarsi completamente a questa nuova esperienza enogastronomica.

La cucina spontanea di Mos (МoƧ).

E allora quando entrate in un locale, fateci caso. Dove i sorrisi in sala sono freschi e sinceri, la cucina non può che essere spontanea.

Quella di М o Ƨ libera da ogni vezzo si muove leggera tra territorio e stagioni, con la sicurezza concreta di chi sa cogliere nella semplicità qualcosa di straordinario.

Questo salotto culinario, con un affaccio unico sul molo vecchio di Desenzano, è un luogo libero da ogni sovrastruttura, dove la cucina, cullata dalle acque del lago, altalena spontaneità e tradizione.

Mos, infatti, è un termine che in latino indica le usanze, modi di fare che si perpetrano nel tempo e diventano abitudini, fedeli alla loro storia eppure in continuo divenire.

I tavoli di MoS, affacciati sul molo vecchio di Desenzano.
I tavoli di MoS, affacciati sul molo vecchio di Desenzano.

L’anima di Mattia e Stefano.

Ma МoƧ è anche l’acronimo che rappresenta due ragazzi giovani, Mattia e Stefano, rispettivamente maître e chef, uniti in questo progetto dalla condivisione di un approccio istintivo, spontaneo appunto, alla cucina e all’accoglienza.

Un punto di vista maturato grazie a esperienze comuni in alcune importanti cucine italiane ed europee, prima fra tutte quella al Signum di Martina Caruso, a Salina.

In sala sono affiancati da Letizia, che regala sorrisi generosi mentre racconta i piatti con garbo e freschezza, e da Simone che scrutando i volti degli ospiti accompagna ogni portata con la sua proposta di vini, mai scontata, mai uguale a sé stessa ma confezionata su misura per l’esperienza di ciascuno.

La carta.

Sui tavoli un quadernetto a quadretti, che sembra uscito dalla credenza delle nonne, illustra le ricette in carta, ispirate dall’orto, dal lago e dalla terra.

Ciascuna con il suo elenco di ingredienti e il procedimento per eseguirle al meglio, oltre ad una nota sull’abbinamento consigliato per il vino.

Dettagli che tradiscono la minuziosa lavorazione dietro ogni piatto, necessaria per rispettare la natura degli ingredienti ed esaltarne il sapore originale. Ma la ricerca di equilibrio è priva di forzature, c’è la spontaneità alla base dell’approccio culinario.

Un menu unico e dinamico.

La proposta di menu narra il territorio, insieme alle persone che lo rendono unico grazie al costante lavoro quotidiano di cura della materia prima, indispensabile garanzia di una naturale armonia di sapori per loro natura complementari.

La parte vegetale abbinata ad ogni piatto è prevalentemente composta da erbe spontanee, come la misticanza che accompagna il Friturin di Lago.

Il pesce, lavarello, persico reale o storione in base alla disponibilità, viene fritto solo dalla parte della pelle per mantenere intatto il gusto delle carni, e poi servito con un’insalata di erbe di stagione, condite con aceto, olio del Garda, sale di Norcia e pepe di Sichuan, una composizione dal perfetto equilibrio dei gusti.

Friturin di lago, misticanza di erbe spontanee in agro.
Friturin di lago, misticanza di erbe spontanee in agro

Nella stagione estiva l’erba porcellana la fa da padrona in molti orti e anche nei piatti. Da Mos viene proposta in accompagnamento ad uno dei signature della cucina si Stefano Zanini, la Trota Marmorea Alpina, preparata con laccatura ai fichi BBQ, una nota dolce e affumicata che dona immediato conforto al palato e all’anima.

Ma ogni trota ha le sue stagioni e in inverno la ricetta cambia adeguandosi agli ingredienti disponibili sul mercato: cavolo nero, arancia rossa cotta nella cenere e il suo pil pil, una salsa che si ottiene grazie ad una cottura prolungata in olio a bassa temperatura del pesce.

Trota marmorea alpina, laccata ai fichi BBQ ed erba porcellana.
Trota marmorea alpina, laccata ai fichi BBQ ed erba porcellana.

La filosofia di МoƧ.

Perché come spiega Stefano “per gli elementi identitari, radicarsi non significa mai restare immutati, bensì rinnovarsi di stagione in stagione, vestendosi di sapori ogni volta sorprendentemente diversi”.

Lo chef gioca con gli ingredienti, va alla scoperta del territorio e delle sue tradizioni, abbina ogni sapore alla giusta stagione, si lascia guidare dall’ispirazione per creare piatti in grado di dialogare con il palato dei suoi ospiti, presentando loro gusti sempre nuovi ma dai sentori che sanno di casa.

E poi arriva il momento dei dolci, massima espressione di abbondanza e conforto. Dichiarazione diretta e sincera di amore verso l’essenza di una terra.

Memorie di esperienze passate danno vita a nuove suggestioni riportate ai luoghi del presente, dove ancora una volta la semplicità esalta la pienezza degli ingredienti.

Come nel Gelato Cunzato, mantecato con un filo di miele e condito con pralinato di sesamo e capperi di Salina al caramello salato. O la Tarte Tatin realizzata con frutta di stagione e accompagnata con un intramontabile zabaione al marsala.

Ricette semplici, ancora una volta ispirate appunto dall’orto, dal lago e dalla terra, e una proposta di vini dinamica fondono tradizione ed esperienza in una nuova visione di cucina: genuina, immediata, responsabile, che profuma di futuro.

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Crediti Immagine in evidenza Ristorante Mos

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Profondamente legata alla sua Val Trebbia, ama viaggiare, soprattutto con la fantasia, ascoltare storie e conoscere nuove realtà. Da sempre appassionata dalle storie di cibo e dalla scrittura, da qualche anno è stata rapita dal mondo del fine dining, dove l’arte della cucina e del servizio danno vita a esperienze gastronomiche espressione dell’anima degli chef, della loro squadra e, sempre più spesso, di tutto un territorio. Trovare le parole per raccontare tutto questo è una nuova sfida, che affronta con la sua ricetta personale fatta di passione, preparazione e perseveranza.

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