Pinot Bianco nel Collio: un solo vino tante storie

A Ein Prosit la cena all’Argine a Vencò primo evento ufficiale della Rete del Pinot Bianco nel Collio.

Fare vino è come avere figli; li ami tutti, ma ragazzo, sono diversi! (Bunny Finkelstein)

Che il Pinot Bianco fosse uno dei loro figli speciali, sette famiglie del Collio ce lo avevano già rivelato.

Era agosto, infatti, quando la Rete del Pinot Bianco nel Collio fece il suo “debutto”, presentando un progetto nato dalla volontà di promuovere e tutelare uno storico ed esigente vitigno.

E oggi, a pochi mesi di distanza, la Rete sta iniziando a scrivere le pagine di un libro in cui il Pinot Bianco è un protagonista capace di raccontare a sua volta tante storie inattese, in ogni bottiglia e ad ogni sorso.

Come un libro nel libro.

Il Pinot Bianco è infatti quel figlio capace di riempire i calici con le mille infinite sfumature, verdi e oro, delle colline su cui nasce, e così farsene voce, narrarle al mondo.

È nato dalle cure e dall’amore di padri e madri, e, inaspettatamente, da quell’amore ha assorbito talmente tanta forza da decidere di diventare un cantastorie.

Vuole cantare nei suoi colori e nei suoi profumi le note di una dedizione che nel tempo si è tramandata di padre in figlia, e di madre in figlio…

Attraverso di lui la storia continua e l’oro nel calice si fa una culla che accompagna ancora, di nuovo, un altro passaggio generazionale.

Le vecchie annate di Pinot Bianco sono la saggezza, la custodia del passato, mentre i profumi delle nuove annate sono le sfumature dell’entusiasmo giovanile, ad accogliere il futuro.

E ognuna abbraccia e prelude l’altra.

Come un libro magico, che puoi leggere anche al contrario: dall’inizio alla fine e dalla fine all’inizio.

Cosa sarebbero i figli senza i padri? E cosa sarebbero i padri senza i figli?

E allora eccola la Rete del Pinot Bianco: padri, madri, figli e figlie, abbracciati stretti a proteggere un vino, custodito a sua volta da un territorio speciale.

Perché la copertina è lui, il Collio. E a tenere ferme le pagine una rilegatura di fili fatti di passione.

La nuova generazione del Pinot Bianco alla cena di Ein Prosit da Antonia Klugmann.

Il giovane entusiasmo, e con loro bottiglie di annate altrettanto giovani, è stata la voce che la Rete del Pinot Bianco nel Collio ha scelto di portare a tavola in occasione di Ein Prosit.

Il primo evento ufficiale della Rete.

A fare da contorno la cucina di Antonia Klugmann e il calore del legno dell’Argine a Vencò.

Eccellenza che accoglie l’eccellenza, ma soprattutto, e ancora una volta, tante storie ma uno stesso intento, dipingere a tinte indelebili l’istantanea che il Collio merita.

Perché Antonia Klugmann ha imparato ad amare queste colline come coloro che qui sono nati e cresciuti. “Qui – ha detto in saluto agli ospiti – ci sono boschi e vigneti che mi hanno accolta e la cui bellezza e preziosità cerco di raccontare e tenere viva attraverso i miei piatti. E posso farlo perché voi, le famiglie che qui hanno vissuto da sempre, quei boschi e quei vigneti li avete tutelati!”.

Un racconto nei piatti che ha trionfato, la sera del 21 ottobre: sapori del territorio, reinterpretati dalla creatività e dalla firma della chef ed esaltati dall’impeto, narrativo e aromatico, dei sette Pinot Bianco del Collio.

Antonia Klugmann

Ad aprire la serata Alessandro Rotolo, in rappresentanza della nuova generazione della famiglia Schiopetto. “Siamo sette famiglie  – ha esordito –, siamo genitori e figli, che hanno dei figli comuni: i nostri vini. E siamo qui, legati insieme in una Rete, per difendere la loro unicità e per diffondere, far conoscere, la singolarità del nostro territorio, che dopo il vino è il nostro secondo e comune amore.

Perseguiamo questo stesso obiettivo attraverso vision diverse. Abbiamo scelto il Pinot Bianco, vogliamo preservarlo, perché è il vino che più di tutti è capace di portare nel mondo la voce del Collio nelle sue molteplici sfaccettature. E il Pinot Bianco, e il nostro territorio, hanno bisogno della nostra unione”.

E sono stati proprio Alessandro e le altre giovani voci della Rete a raccontare i loro vini agli ospiti seduti ai tavoli: Serena Venica, Ilaria Felluga, Matteo Livon, Alessandro Pascolo, Cristina Toros ed Eleonora Beviglia.

Sette amici, cresciuti su una stessa terra, molti dei quali hanno condiviso lo stesso banco a scuola. Sette compagni a farsi portavoce non solo di una coesione di intenti, ma di vero attaccamento, di profondo affetto.

Ecco l’unione, quella che, sola, può portare lontano.

Un messaggio forte che anche Don Alessio Geretti, ospite d’onore della serata, ha voluto far arrivare ai cuori dei commensali.

Don Alessio Geretti e Alessandro Rotolo

“Sono ammirato e felice di respirare questo legame e affiatamento di intenti. L’universo ha creato le sue bellezze: questo territorio, il Collio coi suoi vini, è una di esse. E le bellezze hanno bisogno di persone che la esaltino, che se ne facciano voce.

C’è una forza che porta allo sviluppo della meraviglia in questo universo, una forza che parla attraverso la natura, attraverso una serie di meccanismi che la natura mette in atto. In fondo anche voi stasera state dicendo che sulla via dell’eccellenza si può vincere.

Ma per vincere non c’è bisogno che qualcuno perda. Si può vincere proprio puntando insieme verso quella direzione. Si vince prendendosi per mano e camminando insieme”.

Così Don Alessio ha accarezzato con le sue parole le teste dei protagonisti della Rete del Pinot Bianco nel Collio e non solo.

Una benedizione agli intenti che non ha mancato di abbracciare l’arte e di paragonare quella della vinificazione all’arte pittorica. Lui, grande amante e conoscitore dell’arte, socio fondatore dell’Associazione culturale Comitato di San Floriano e curatore delle mostre che l’associazione organizza annualmente a Illegio.

“Illegio non è che un piccola vigna di 340 persone dove cresce un vitigno un po’ bizzarro, con dei grappoli piccolini e compatti. Se li sai lavorare con le giuste accortezze ne può uscire qualcosa di delizioso. E le avventure d’arte di questi anni, con una mostra che ogni anno attira opere di tutta Europa e dei massimi vertici della storia dell’arte, è una bella storia da raccontare, anche se è un po’ difficile contenerle in una bottiglia. Ma magari nelle stanze della casa dell’esposizione se ne può percepire il profumo…”.

La Rete de Pinot Bianco ha colto il profondo messaggio di Don Alessio e sarà proprio l’arte pittorica a raccontare, assieme al Pinot Bianco, le bellezze del Collio.

Non sveliamo per ora dove e come, perché il sodalizio di intenti tra la Rete e Don Alessio Geretti sarà intanto protagonista proprio a Ein Prosit.

Domani, 24 novembre, a Palazzo D’Aronco Sala Ajace di Udine, alle 11.30 Luca Guarini guiderà alla degustazione delle “longeve sfumature del Pinot Bianco in Collio”.

Protagoniste le vecchie annate e i padri del Pinot Bianco, e il ricavato andrà in beneficenza al Comitato di San Floriano.

Aveva proprio ragione Orazio:

“Il vino mette in luce i segreti nascosti dell’anima, dà alle nostre speranze e insegna nuovi mezzi per la realizzazione dei nostri desideri”.

Antonia Klugmann e la sua brigata in cucina

Il Menu della serata e i sette Pinot Bianco.

Rapa bianca, latte di semi di canapa e rucola

Seppia e porcino

Palombo e lattuga romana

Zuppa di riso spezzato zucchine e alloro

Ravioli di verza stufata

Quaglia, cima di rapa e fagioli

Mela, gelato alle spezie e pimpinella

Gelato al rosmarino, spuma di lavanda e pesche

In abbinamento:

Collio DOC Pinot Bianco Santarosa 2020 Castello di Spessa

Collio DOC Pinot Bianco Cavezzo 2018 Livon

Collio DOC Pinot Bianco 2020 Pascolo

Collio DOC Pinot Bianco 2019 Schiopetto

Collio DOC Pinot Bianco 2012 Toros

Collio DOC Pinot Bianco 2020 Russiz Superiore

Collio DOC Pinot Bianco Talis 2020 Venica & Venica

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IDEATORE E AMMINISTRATORE DI RISTORHUNTER - Giornalista pubblicista e scrittrice, Francesca è felicemente ossessionata dai racconti e dal potere delle storie: se infatti nessuno è in grado di contrastare la forza di gravità esercitata dalle storie, lei ne è sin dai primi anni di vita la prima vittima. Docente di "arte della narrazione" (anche applicata al mondo enogastronomico), che ama in verità definire "scrittura emotiva", crede che sia assolutamente vero che "Dio creò l'uomo perché gli piacciono le storie". Per Francesca insomma la scrittura è una cosa seria, perché scrivere significa dire quello che non riusciamo a dire e perché la scrittura è "un atto di conoscenza che si maschera di finzione".

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